100dB – Cento chilometri della Brianza Singlespeed

SCRITTO DA VOI – autore: Il Potter

La mia 100dB
Eccomi qui, dopo la seconda prima volta ad un evento come la cento chilometri della brianza, a riflettere sull’esperienza appena vissuta.
Cento chilometri, una mountain bike singlespeed, una traccia gps ed un clima autunnale che mi circonda. Qualche anno addietro sarebbero bastate le prime due per farmi cambiare progetto e farmi decidere per un modo diverso di trascorrere questa uggiosa domenica di fine ottobre. Oggi no, ho appena finito questa edizione e già fantastico sulla prossima.

La singlespeed mi ha cambiato i parametri. Il percorso, se affrontato con una mtb convenzionale, altro non è che un giro lungo e nemmeno eccessivamente impegnativo a livello altimetrico. La stessa traccia, se affrontata con un solo rapporto, diventa un’esperienza, un’avventura. Cos’è la singlespeed quindi? Non lo so, o meglio, non so cos’è per gli altri. So bene cos’è per me invece. La singlespeed è semplificazione e pace.
Non parlo di semplificazione solo a livello puramente meccanico, è semplificazione mentale. Mezzo spiccio ed affidabile, nudo e crudo, assemblato secondo le proprie caratteristiche ed il proprio gusto estetico. Un solo rapporto, quello c’è e quello usi, punto.
Se la strada sale spingi più forte, se la strada scende lasci correre, se sei nel piattume prendi il tuo ritmo e vai per quanto il rapporto e le gambe ti consentono. Dove non arrivi pedalando, arrivi camminando, spingendo a piedi. Con questo spirito mi ritrovo in una fredda mattina, insieme ad una manciata di compagni di viaggio, ad aspettare la partenza.
Sono le otto ed il via ufficiale viene dato in perfetto orario e nel modo più cristallino da Paolo che è organizzatore, mente e cuore dell’evento.
La procedura di partenza è talmente semplice da lasciare tutti un pò perplessi : Paolo controlla l’orologio ed esclama un perentorio: “sono le otto, io vado”.
Bhe, penso, cosa ti aspettavi? La banda del paese con le majorette? In effetti … rispecchia pienamente lo spirito dell’evento.
Partiamo tutti compatti e ci avviamo per i primi chilometri dapprima all’interno del parco di Monza, poi per i sentieri all’esterno.
Inizia l’avventura.
La prima parte della traccia è la più impegnativa, si percorrono i sentieri di Montevecchia e del Parco del Curone, puntando verso la dorsale bassa del San Genesio. Gli strappi sono secchi ed impegnativi, il fondo viscido ed freddo fanno il resto. C’è da spingere forte per evitare di inchiodarsi ed essere costretti a salire a piedi. La singlespeed è questo. Si passa in pochi metri dal frullare agile allo spingere vigoroso, senza preavviso, senza mezze misure. Spingi o cammini. Prima o poi, tutti camminano. La prima cosa di cui ti accorgi pedalando in un gruppo di singlespeeder è la mancanza del cambio, non a livello fisico, quello è ovvio, parlo del rumore. Non senti il tartagliare del cambio rapporto all’attacco degli strappi. Senti invece il rumore sordo della catena che si tende sotto le spinte vigorose. Senti il respiro dei compagni d’avventura che si fa sempre più affannoso. Senti il rotolamento delle gomme e l’urlo dei tasselli alla disperata ricerca di grip.
Con questo alternarsi di rumori nelle orecchie arriviamo ad Ello, una pausa, un caffè, un boccone e si riparte. Alla ripartenza ci attardiamo un pò, dentro e fuori dai vicoli del centro storico seguendo il supertecnologico navigatore e … se non fosse stato per la Sciura Maria che ci indica la strada urlando dalla finestra del secondo piano …. che vergogna.
Rientriamo sulla traccia ed il gruppone si spezza in due tronconi. Siamo nella parte più panoramica e semplice del percorso. Ci avviciniamo al giro di boa del 50° chilometro e, come spesso accade, quando cala la tensione si combinano i disastri. Nel giro di pochi istanti riusciamo a stallonare una gomma uno e pelarsi uno stinco finendo in un canale di scolo l’altro (io ndr) ovviamente il medesimo canale …ai due lati opposti della pista ciclabile, in quel punto larga e pianeggiante. Rimediamo in qualche minuto ma ahimè abbiamo perso il primo gruppo che non si è accorto di nulla o quasi. Ripartiamo e l’unico gps funzionante rimane il mio. Ottimo. Ora devo per forza di cose seguire la traccia senza aiuti. Pedalare e navigare allo stesso tempo non è proprio semplice, specie nei tratti molto sconnessi o in cui devi stare attento a dove metti le ruote. Dopo la difficoltà iniziale la situazione migliora e, tralasciando qualche incrocio particolarmente ostico, inizio a prenderci un pò la mano. La situazione mi diverte ed anche parecchio in effetti. Sto forse assaporando il vero spirito della manifestazione? Quel misto di avventura, panorama, sentieri e compagnia che quel visionario di Paolo vuole farci vivere nell’ ovattata e bella Brianza autunnale? Inizio seriamente a pensare che sia così.
La traccia ora corre sulle sponde dei quattro laghi: Annone, Pusiano, Alserio e Montorfano. Tra Pusiano e Alserio è fissato uno dei punti di ristoro consigliati: il rock pub “Lo Chalet”.
Con una navigazione non proprio impeccabile raggiungiamo il pub dove sono già arrivati i ragazzi che pedalavano nel primo gruppo. Lo Chalet è un locale rustico e ben gestito. Pizza e birra. Davvero ottime entrambe. Finalmente ci siamo riuniti.
Dopo la pausa ripartiamo. Più o meno. Neanche il tempo di risalire in sella e ci troviamo alle prese con un’altra foratura. Non riusciamo ad avvisare i primi e ci dividiamo di nuovo. Non nascondo di aver buttato al volo uno sguardo al manubrio di Norberto, il ragazzo che ha forato e che prima della sosta era nel primo gruppo. Ha il Gps, siamo in due. Costeggiando il lago di Alserio ci ritroviamo a percorrere in senso contrario un tratto della sei ore di Monguzzo.
La traccia ci regala una bella discesa tecnica e scassata, ottima per tenere alto il morale della truppa mentre ci avviciniamo velocemente al lago di Montorfano.
Lasciamo la sponda dell’ultimo lago e puntiamo decisi verso la parte finale del tracciato. Attraversato il Golf Club tra gli sguardi attoniti dei praticanti iniziamo il tratto più fangoso del percorso. Il fango in realtà è stato molto meno del previsto, e siamo riusciti a raggiungere la ciclabile che costeggia il Lambro abbastanza agevolmente. Teniamo un ritmo molto blando per evitare di dividerci ulteriormente. Qualcuno di noi, a causa del poco allenamento e di una reintegrazione non proprio adeguata, inizia ad accusare i primi crampi. La singlespeed non perdona. Non puoi utilizzare un rapporto più agile per ovviare alla mancanza di forze. Dove non riesci più a spingere sui pedali, devi camminare. Il lungolambro vola via veloce ed in un attimo viaggiamo adiacenti al muro del Tempio della Velocità. Entriamo nel Parco dell’ Autodromo di Monza ed in barba alla traccia ci divertiamo un pò nel sentierino che costeggia la ciclabile fino ad arrivare all’Osteria del Dosso, inizio e fine della nostra giornata sui pedali.
Già, una giornata. Tolte le soste sono sette ore e spiccioli di pedalata, figlie di un lavoro titanico che Paolo Zorloni ha fatto per noi e che continua a fare. La traccia della 100dB è in continua evoluzione ed il nostro amico brianzolo aggiunge continuamente possibili nuovi sentieri per rendere ogni edizione della sua cento chilometri unica. La cena finale è la ciliegina sulla torta. Paolo ci consegna una birra artigianale ed uno scintillante portachiavi a testimonianza del nostro stato di “finisher”. Il 2016 sarà un anno importante perchè Paolo, in aggiunta alla 100dB ha progettato per noi un’altra sfida. OHM One Hundred Miles, che in soldoni sono centosessanta chilometri in singlespeed, ma con un format completamente diverso. Grazie Zeta.

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Marco Sassi.

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